In una intervista resa all’agenzia di stampa Adnkronos nei giorni scorsi, il vicepresidente della Siae Filippo Sugar ha fatto il punto sulla governance della società e sugli obiettivi da raggiungere a breve e medio termine. Sugar ha ricordato il grande sforzo di cambiamento e rinnovamento intrapreso dai vertici della Società, ed ha sottolineato il ruolo fondamentale della Siae, che è quello di tutelare il lavoro degli autori.
“La Siae protegge il diritto degli autori e degli editori di essere ricompensati per il proprio lavoro, esattamente come un impiegato o un operaio chiedono di essere pagati per il loro lavoro in azienda o in fabbrica. Il problema è che il lavoro creativo viene ancora percepito come etereo, quasi non fosse un vero lavoro. Però poi tutti ascoltiamo musica, guardiamo film, leggiamo libri“.
Le proposte di nuove società di collecting e le recenti polemiche politiche sul ruolo della Siae in questo scenario non inficiano quella che è una caratteristica unica della Siae: “Queste società sono aziende a scopo di lucro che hanno come interesse il proprio profitto – spiega Filippo Sugar – La Siae ha un’altra mission: difendere il diritto d’autore e il repertorio che fa parte della nostra storia culturale. Per intenderci, se Siae dovesse solo pensare al profitto, domattina rinuncerebbe alla gestione dei diritti che non sono remunerativi, la lirica per esempio, che ogni anno purtroppo ha un saldo negativo. Ma potremmo mai rinunciare a Verdi, Puccini, Rossini? Evidentemente no. Siae protegge il patrimonio culturale del nostro paese, e lo fa in maniera efficiente. Siae gestisce milioni di brani di migliaia di autori ed editori diversi, licenzandoli a migliaia di utilizzatori diversi (tv, radio, negozi, distributori online, produttori di concerti, etc. etc.). Un lavoro enorme ed estremamente sofisticato. Il tutto gestito da centinaia di lavoratori di grande professionalità sotto la supervisione degli stessi autori e gli editori e sotto la doppia vigilanza della Presidenza del Consiglio e del Ministero dei Beni Culturali“.
I colossi tecnologici che ricavano grandi profitti inondando la rete di contenuti non potrebbero farlo senza il lavoro creativo degli autori: “Le grandi aziende tecnologiche americane vogliono pagare i contenuti il meno possibile, l’ Europa, che non ha aziende tecnologiche, dovrebbe capire che deve difendere il suo settore creativo che è il terzo settore con maggiore occupazione (oltre 7 milioni di lavoratori) non favorendo questi grandi colossi monopolisti come ha invece fatto fin ora. Bisogna riequilibrare il valore generato dai contenuti nelle piattaforme digitali a favore dei creatori. Se non si farà questo, in Europa avremo più povertà, meno posti di lavoro e perderemo anche la nostra identità culturale“.
Fonte: SIAE