Una recente circolare dell’Enpals, la n. 10 del 13 maggio 2008, ha recepito l’abrogazione della cd. Legge Biagi (D.Lgs. n. 276/2003 di riforma del mercato del lavoro) agli artt. da 33 a 40, ove era disciplinato il rapporto di lavoro intermittente. L’abrogazione è stata opera della Legge 247/2007. Che significa tutto questo per il lavoro nello spettacolo, che qui interessa? Ricostruiamo brevemente, per capirlo, le linee essenziali di questo tipo di rapporto lavorativo, per poi illustrare come la suddetta abrogazione abbia solo parzialmente modificato la situazione nel settore spettacolistico.
Il contratto di lavoro intermittente è il contratto con cui il lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro, il quale può utilizzarne le prestazioni lavorative nei casi di legge, riconducibili a esigenze produttive discontinue del datore di lavoro. In linea con la “flessibilità” sottesa all’intera riforma del mercato del lavoro svolta con la Legge Biagi. Il rapporto può essere a tempo determinato o indeterminato, trovando carattere peculiare nella facoltà del datore di chiamare il lavoratore tutte e sole le volte in cui ne abbia esigenza (cd. job on call, traducibile come “lavoro a chiamata”, già sperimentato in Paesi europei come l’Olanda e Inghilterra) per rispondere appunto alle proprie intermittenti esigenze.
Il lavoratore non è obbligato ad accettare la chiamata del datore, a meno che non sia pattuito diversamente nel contratto individuale dietro riconoscimento di adeguata indennità di disponibilità. Nel caso di lavoro in periodi predeterminati l’indennità è dovuta però solo in caso di chiamata. Il rifiuto ingiustificato del lavoratore alla chiamata può comportare dure conseguenze per il lavoratore: risoluzione del contratto, restituzione delle indennità del periodo successivo, risarcimento del danno.
Le esigenze del datore devono rispettare termini minimi di preavviso (non inferiori ad un giorno lavorativo) verso il lavoratore, mentre il lavoratore, in caso di temporanea indisponibilità, deve informarne il datore, altrimenti perderà il diritto all’indennità di disponibilità per 15 giorni.
La forma del contratto dovrà essere scritta per poterne provare elementi come durata, luogo, modalità, preavviso, trattamento economico, misure di sicurezza, modalità di chiamata.
I motivi che giustificano il ricorso al lavoro intermittente sono comunque prefissati: vanno dalle esigenze individuate nei contratti collettivi, al cd. lavoro stagionale (per periodi predeterminati), ai soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni o lavoratori con più di 45 anni d’età espulsi dal ciclo produttivo o in liste di mobilità e collocamento.
Altrettanto rigidi i divieti: non si può effettuare lavoro intermittente per sostituire lavoratori esercitanti diritto allo sciopero, oppure per coprire mansioni di lavoratori oggetto di licenziamenti collettivi o presso unità produttive con sospensione dei rapporti di lavoro o riduzione dell’orario di lavoro in atto, o infine a vantaggio di imprese non in regola con le valutazioni dei rischi per la sicurezza sul lavoro.
Il trattamento economico deve essere pari a quello degli altri lavoratori di pari livello, a parità di mansioni e in proporziona all’attività svolta.
Da un punto di vista di inquadramento giuridico, questa figura di contratto “importata” dall’estero ha dato molto lavoro agli interpreti del diritto. Difatti, secondo alcuni, l’innovazione del lavoro intermittente nel sistema giuridico italiano potrebbe anche rasentare la nullità, a causa di motivi tecnici giuridici che non è il caso di affrontare in questa sede. Ci limitiamo a un brevissimo accenno, ad es.: quale qualifica del tipo di rapporto? Di lavoro subordinato – come asseriva anche il Ministero del Lavoro? Oppure autonomo o in forma para-subordinata? Stabilire una cosa invece di un’altra potrebbe portare all’applicazione di una diversa disciplina di legge.
Dal quadro sintetico appena visto si può notare la forte compatibilità di questo rapporto con alcune esigenze del settore dello spettacolo e della musica in particolare, come ad es. in caso di lavoro di fine settimana in discoteche e locali notturni, oppure a quello stagionale in località balneari. Orbene, il Governo nel 2007 è intervenuto per abrogare l’intera disciplina anzidetta, mentre il Ministero del Lavoro ha chiarito che i rapporti già esistenti continueranno ad essere disciplinati dalla normativa abrogata fino alla scadenza o comunque al venir meno del rapporto contrattuale.
La legge abrogatrice del 2007 si è fatta però bandiera di contrastare il lavoro nero o sommerso, perciò nei soli settori del turismo e dello spettacolo fa salvo che “i relativi contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono prevedere la stipula di specifici rapporti di lavoro per lo svolgimento delle predette prestazioni durante il fine settimana, nelle festività, nei periodi di vacanze scolastiche e per ulteriori casi, comprese le fattispecie già individuate ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 [ovvero per i rapporti speciali nei settori del turismo e pubblici esercizi di durata non superiore a tre giorni, detto anche “lavoro extra”]”.
Quindi nel settore spettacolo “sì” a nuovi contratti di lavoro intermittente, pur entro la regolamentazione dei contratti collettivi, come se l’abrogazione non fosse intervenuta. Però dal 1° gennaio 2008 sarà possibile stipulare nuovi contratti di lavoro intermittente solamente se i nuovi contratti collettivi prevederanno espressamente, ex novo, tale possibilità, nei limiti fissati dalla nuova disciplina (vedi art. 1, comma 47, D.Lgs. n. 247/2007). È interessante notare che siccome la legge del 2007 appena citata non lo specifica, sarebbe possibile disciplinare il contratto intermittente anche con contratto collettivo aziendale qualora sia stipulato da organizzazioni sindacali tra le più rappresentative a livello nazionale.
Nella contrattazione collettiva si dovranno in particolare disciplinare:
– le condizioni, i requisiti e le modalità delle prestazioni connesse ad esigenze oggettive e a limiti massimi temporali;
– il trattamento economico e normativo non inferiore a quello corrisposto ad altro lavoratore per le medesime mansioni, naturalmente proporzionato alla prestazione;
– la corresponsione di una indennità di disponibilità ove sia prevista la disponibilità del lavoratore a svolgere la prestazione entro un arco temporale definito.
La circolare sottolinea che, una volta stipulata la contrattazione collettiva, il Ministero del Lavoro dovrà intervenire per adottare un decreto, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di semplificazione delle procedure di instaurazione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro di cui si tratta, nonché di regolamentazione dei profili previdenziali dell’eventuale indennità di disponibilità. Oltre che, dopo due anni dall’emanazione delle disposizioni necessarie in contratti collettivi, verificare se i risultati conseguiti sono risultati entragli obiettivi di contenimento e riduzione del lavoro sommerso e irregolare del settore.
Dal punto di vista previdenziale, ad oggi i rapporti di lavoro intermittente vengono e verranno trattati dall’Enpals esattamente come gli altri di tipo subordinato, con trattenute in busta paga. La percentuale varierà a seconda dell’attività: ad es. in caso di attività dal vivo si rispetterà la percentuale del 33% dell’imponibile, di cui il 9,19% a carico del lavoratore e il 23,81% a carico del datore di lavoro.
In definitiva, non resta che attendere la contrattazione collettiva del settore dello spettacolo per poter dichiarare “rinato”, rispetto a nuovi contratti di lavoro, l’abrogato rapporto di lavoro intermittente nello spettacolo. Come, di preciso, lo vedremo al momento in cui verrà approvata la contrattazione collettiva e adottato il successivo decreto del Ministero del Lavoro.